lunedì 1 settembre 2008

Il primo grande Prince of Persia.

Ho riscoperto da poco questo gioco.
Grafica grossolana, comandi primitivi e legnosi, con uno stupido tasto shift col quale fare praticamente qualsiasi azione, terribilmente rozzo e infinitamente scarno.
Lo adoro.

Il primo post del blog non può che essere su un gioco da annoverare fra i primi eccelsi contributi forniti nel campo.
Il capolavoro di Mechner rivoluziona lo stile dei videogiochi fino a quel momento conosciuto: non si spara più, i combattimenti sono fatti all’arma bianca. Il che vuol dire cambiare lo stile, calcolare che il protagonista deve dare l’affondo e parare al momento giusto.
Un concetto semplice e geniale, come il gioco che grazie a esso nasce.
Giocare a questo gioco è come vedere uno dei primi film muti.
Non l’ho apprezzato quando uscì, ero troppo piccolo e me ne pento, perché allora un gioco simile era all’avanguardia e per qualche stupido problema la mia versione non ha il suono, il che mutila letteralmente la mia esperienza di gioco. Ma questo non mi impedisce di decantarne le lodi. Si potrebbe dire che è partito tutto da qui, da questo semplice gioco, alcuni dei grandi must dei videogiochi li troviamo qui, per non parlare dell’infinità di riferimenti che possiamo trovare nella nuova versione 3d di Prince of Persia, la non meno bella (anche se meno importante, storicamente parlando) trilogia della Ubi Soft.
Cosa si può poi dire dello sdoppiamento del principe nella sua controparte malvagia nel momento in cui si butta nello specchio? Divino!
Il principe senza macchia e senza paura che genera la sua ombra irrimediabilmente malvagia come può essere solo l’ombra secondo il pensiero junghiano.
Quell’ombra che a un certo punto e ti frega, facendoti cadere nel baratro sempre più oscuro, profondo e corrotto.
Ombra bastarda.


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